Migliorare la gestione delle acque? Col Recovery Plan si può
Lunedì 22 marzo si celebra, come ogni anno dal 1992, la Giornata mondiale dell’acqua. Una ricorrenza istituita dalle Nazioni Unite allo scopo di invitare le nazioni membri a dedicare questo giorno per dare seguito alla promozione di attività concrete per garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igienico sanitarie.
Nel mondo 785 milioni di persone non hanno accesso ad acqua potabile. E dal 2014 è cresciuto il numero di famiglie italiane che denunciano l’inefficienza del sistema di gestione dell’acqua (10%), con prestazioni migliori al Nord Italia rispetto al Centro e al Mezzogiorno. Lo storico divario territoriale, precipua caratteristica del nostro Paese, passa anche attraverso il bene comune fondamentale come la risorsa idrica. E’ un tema che anche il Sommo Pontefice ha rimarcato nella sua Enciclica Laudato Si’ sulla cura della “casa comune”, quando afferma: “. Una maggiore scarsità di acqua provocherà l’aumento del costo degli alimenti e di vari prodotti che dipendono dal suo uso. Alcuni studi hanno segnalato il rischio di subire un’acuta scarsità di acqua entro pochi decenni se non si agisce con urgenza. Gli impatti ambientali potrebbero colpire miliardi di persone, e d’altra parte è prevedibile che il controllo dell’acqua da parte di grandi imprese mondiali si trasformi in una delle principali fonti di conflitto di questo secolo”. E ribadisce che “l’accesso all’acqua potabile e sicura è un diritto umano essenziale, fondamentale e universale, perché determina la sopravvivenza delle persone, e per questo è condizione per l’esercizio degli altri diritti umani”. Indubbiamente lo sviluppo economico e una popolazione globale in crescita hanno comportato negli ultimi decenni che l'agricoltura e l'industria stanno diventando più assetate. Il cambiamento climatico sta rendendo l'acqua più irregolare e contribuendo all'inquinamento. Gli effetti del cambiamento climatico continuano a intensificarsi, come dimostra il fatto che l’inizio del nuovo anno ha visto solo un quarto delle precipitazioni rispetto al 2019, e una temperatura superiore di 1,65 °C rispetto alla media storica. E certo non aiuta il dato nazionale riguardante i prelievi idrici. L’Italia è il paese europeo che presenta il maggior prelievo di acqua potabile con 419 litri/giorno per abitante (2018-2019).
Secondo stime di Utilitalia, gli investimenti necessari solo per contrastare i fenomeni di siccità sono pari a 50 euro per abitante l’anno per un periodo di 4 anni, attraverso invasi e serbatoi, nuovi approvvigionamenti, riutilizzo delle acque reflue, riduzione delle dispersioni e interconnessioni tra acquedotti, sistemi di dissalazione (tenendo sotto controllo possibili rischi ambientali e consumi energetici). Una migliore gestione delle risorse idriche è quindi una componente essenziale per il successo della mitigazione del clima e delle strategie di adattamento. Il miglioramento delle pratiche di gestione delle risorse idriche può contribuire ad aumentare la resistenza alle variabili climatiche, migliorare la salute degli ecosistemi e ridurre il rischio di catastrofi legate all’acqua.
E veniamo al Mezzogiorno d’Italia. Il nostro territorio possiede un patrimonio infrastrutturale di grande valore e significatività realizzato per una buona parte dalla Cassa per il Mezzogiorno e che consente di approvvigionare aree nelle quali la carenza idrica ha costituito negli anni un handicap in termini di crescita e sviluppo sociale ed economico. Ma le infrastrutture idriche, non diversamente da tutte le altre, necessitano di manutenzione e gestione. L’inadeguatezza, ed a volte carenza, degli interventi determinano come conseguenza inevitabile un sottoutilizzo che genera criticità nella distribuzione idrica, in particolare nei periodi estivi.
A tale riguardo, come richiesta dalla Comunità europea, l’Autorità distrettuale sta lavorando a dei Piani sistemici ed integrati. Piani attraverso i quali realizzare (in parte già in corso) tutti gli interventi necessari al raggiungimento degli obiettivi fissati. Parallelamente occorre lavorare sulle tariffe per consentire un adeguato introito al fine di assicurare la gestione e manutenzione delle reti; efficientare la gestione, in particolar modo per i sistemi di grande strategicità. Occorre investire in termini finanziari, al riguardo non dimentichiamoci che Il Sud per anni non è stato destinatario di risorse economiche adeguate. Nello specifico l’Autorità distrettuale, d'intesa con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (Direzione Dighe), ha predisposto interventi già finanziati di un Piano straordinario e primo piano invasi del valore di 180 milioni. Ed ha presentato al MIT, d'intesa con le Regioni, un secondo programma Piano Invasi per un valore di oltre 130 milioni. Inoltre nell’ambito del Piano Recovery Fund, sono state redatte proposte di interventi per un valore di oltre 850 milioni di euro.A questi interventi occorre aggiungere la programmazione da parte degli Enti d’Ambito che con Arera hanno predisposto programmi di interventi per la risoluzione delle perdite di rete, che in alcune aree raggiungono il 70%.
( Vera Corbelli)
Articolo a firma del Segretario del Distretto dell’Appennino Meridionale pubblicato il 19 marzo 2021 sul Riformista